Di Brivido
Qualche anno fa, nella mia via comparve un vecchio. Si sistemò in una casupola a piano terra: un bagnetto e una stanza che faceva da cucina e camera da letto.
Nessuno sapeva chi fosse, né da dove venisse.
Io, per educazione, ogni volta che lo incrociavo, provavo a salutarlo. Ma lui non rispondeva mai. Anzi, come infastidito, girava la testa dall’altra parte.
Dopo pochi giorni dal suo arrivo, però, qualcosa cambiò. Il vecchio cominciò a dare i numeri. Ogniqualvolta i ragazzini della via si ritrovavano per giocare per strada, lui usciva di casa, urlando e correndogli dietro. Non sopportava le urla, i tiri di palla, insomma, non sopportava il suono della gioia.
Il culmine lo raggiunse un pomeriggio, quando, come un pazzo, sbucò fuori con un bastone in mano.
Mi avvicinai subito.
"Calmati! Stai esagerando. I bambini stanno solo giocando" dissi, cercando di calmarlo.
Non rispose. E immobile, si limitò a guardare in cagnesco i bambini.
Nel frattempo accorsero i genitori che iniziarono a urlargli contro e a minacciarlo.
"Ma chi ti ha mandato? Questa era una via tranquilla prima che arrivassi tu" urlò una donna.
"Vecchio ti puzza di vivere?" sbottò un uomo.
"Se tocchi i nostri figli finisci di campare" urlarono gli altri.
Arrivò una pattuglia dei Carabinieri. Dall’auto scesero due militari. Il maresciallo dopo aver calmato i genitori cercò di capire cosa fosse successo.
"È vero che ha minacciato i bambini con un bastone?" chiese al vecchio.
Il vecchio non rispose ma si limitò a guardarlo con sguardo gelido.
"Signore le hanno cucito la bocca? Mi dice se è vero o no?"
"Guardate, a stento respira adesso" urlò una donna.
"Marescià, se tocca i nostri figli a quello lo faccio smettere di respirare io, ma per sempre però" urlò un uomo suscitando risate soddisfatte tra i presenti.
"Dovesse accadere di nuovo chiamateci immediatamente che ci penso io" disse il maresciallo facendo cenno con le mani ai genitori di calmarsi.
Il vecchio che era di fianco a me, fissò tutti con occhi freddi e lucidi. Poi, con un sorriso sinistro, a bassa voce, come se stesse parlando a se stesso, proferì una frase inquietate.
"Si ricorderanno di me. Nessuno si prende gioco di me. E nessuno mi minaccia. Me la pagheranno. Tutti. Vedremo… Chi ha la bocca cucita e chi smetterà di respirare."
E girandosi, rientrò in casa sbattendo la porta.
Tre giorni dopo ci fu la festa di compleanno di uno dei ragazzini. La strada risuonava di musica e risate quando, all’improvviso, come se qualcuno avesse staccato la corrente della gioia, arrivarono urla disperate.
Uscii sulla veranda e vidi il caos. Gente che usciva o entrava dall’abitazione piangendo e urlando.
Scesi e andai a vedere cosa diavolo stesse succedendo. La scena dentro la casa era un’istantanea dell’orrore.
Padre, madre e figlio giacevano a terra in pose terrificanti, le mani strette attorno al collo come se avessero cercato aria mai arrivata.
La bocca… Piena di torta e di schiuma.
I testimoni giurarono che avevano ingoiato un’intera fetta di torta, candela compresa, senza nemmeno provare a masticarla.
Sembrava un incidente, assurdo e statisticamente impossibile. Io, però, non ebbi dubbi. E pensai subito al vecchio e alla sua frase.
Non sapevo come, ma ero convinto c’entrasse qualcosa.
Così lo monitorai. Ma senza successo.
E qualche giorno dopo si verificò un altro episodio simile.
Una famiglia, durate una festa organizzata a scuola, partecipò al gioco del silenzio. Padre, madre e figlio chiusero la bocca senza più riaprirla. E benché coscienti e violacei si contorcevano a terra per mancanza di ossigeno, non la riaprirono.
Sembrava come se, in preda alla follia, avessero deciso di lasciarsi morire in quel modo impossibile.
Insegnanti, bidelli e altri genitori, tra le urla disperate e i pianti dei bambini, cercarono di aprirgli la bocca. Ma invano.
Chiamarono le ambulanze e i Carabinieri.
Le ambulanze arrivarono.
I Carabinieri no.
Il maresciallo e altri 5 militari furono ritrovati in caserma, ognuno seduto dinanzi alla propria scrivania, e su ognuna di essa ago e matassa di cotone.
Con la bocca cucita, fissando il nulla, erano lì, privi di vita.
Sembrava come se si fossero cuciti la bocca, lasciandosi soffocare in quel modo.
E anche se la gente non aveva la più pallida idea di cosa stesse accadendo, la paura si diffuse nel mio piccolo paesino in provincia di Taranto.
A quel punto decisi di affrontare il vecchio.
Lo aspettai per strada e appena lo vidi uscire di casa, mi avvicinai.
"Sei tu… So che sei tu a causare queste morti assurde" gli dissi, guardandolo negli occhi.
Un sorriso crudele gli deformò il volto.
"Puoi dimostrarlo?"
"Non ancora. Ma ci riuscirò. Non ti lascerò uccidere altre persone."
"Mi stai minacciando?" disse con aria di sfida. "Eppure hai visto che fine fa chi mi minaccia."
"Vecchio pazzo… Hai finito di mietere vittime" ringhiai, anche se dentro di me non sapevo ancora come fare, visto che non sapevo nemmeno con chi avevo a che fare.
"Mi stai sottovalutando. Vedremo chi ha finito di fare cosa" concluse il vecchio.
Quella notte mi svegliai di soprassalto, sudato. Udivo dei sussurri dentro la stanza. Parole basse e striscianti che cercavano di impadronirsi della mia mente. Strinsi il medaglione di San Benedetto che porto sempre al collo. E resistetti.
La mia mente non si piegò.
Quel vecchio aveva commesso un errore. E si era palesato.
Lui sì che mi aveva sottovalutato.
Aveva sottovalutato la mia volontà, la mia preparazione costata anni di notti senza sonno, la mia rabbia, la mia fede.
Quel vecchio aveva sottovalutato il mio mondo.
E quella notte probabilmente capì che non sarei stato una preda facile.
La mattina attaccai una testa d’aglio dietro la porta. Incredibilmente, in meno di un’ora divenne nera e raggrinzita, come fulminata da un’energia negativa molto potente.
Così, non solo capii che non avevo a che fare con qualcosa di umano. Troppo potente l’energia. Ma intuii anche con cosa avevo a che fare.
Quando calò la notte, decisi che era arrivato il momento.
Andai davanti casa sua e, con un paio di spallate, aprii la porticina di legno.
Lui era lì, sul letto. Dormiva. Anche se non nel modo in cui lo intendiamo noi.
Le sue labbra si muovevano veloci, sussurrando parole incomprensibili. Parole che, nel silenzio della notte, entravano nelle menti delle sue vittime, impadronendosi dei loro pensieri.
E della loro volontà.
"Come immaginavo… Un Vampyrus Mentis" mormorai tra me e me.
Non si nutrono di sangue, ma di mente. Non solo di pensieri, ma di volontà, memoria e luce interiore. Entrano, svuotano e dirigono. Facendo compiere agli altri i loro capricci più perversi.
Da sotto la maglia tirai fuori il medaglione di San Benedetto. Poi mi chinai, e presi il cuscino sotto la sua testa.
In quell’istante gli occhi del vecchio si spalancarono. Due occhi completamente neri. Neri come l’anima del demonio. E sorrise, come chi accetta la sconfitta ma gode dell’agonia che lascia dietro di sé.
Poggiai il cuscino sul suo volto e premetti. Lui si contorse. Le sue unghie nere strisciavano profonde sulle mie braccia fino a farmele sanguinare.
Ma non mollai.
Premevo e pregavo.
"Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, e ad acque tranquille mi conduce. Ristora la mia anima, e mi conduce per sentieri di giustizia, per amore del suo nome. E quand'anche camminassi nella valle dell'ombra della morte, io non temerei alcun male, perché Lui è con me."
Pregavo... Per limitare il suo potere e la sua forza.
Sentii il suo respiro farsi corto, sino a diventare un rantolo che si spegneva. E continuai finché la sua scossa non si calmò e il corpo non cedette alla quiete.
Al mattino lo trovarono privo di vita.
"Cause naturali" dissero.
Nessuno sospettò nulla.
Altre quattro famiglie, inconsapevoli, avevano appena scampato il peggio. L’essere che aveva causato quelle morti non c’era più. E il mio piccolo paesino, pian piano, riprese a respirare.
A vivere.
Dentro di me invece, qualcosa morì per sempre.
Morì la fiducia. Quella verso il prossimo.
Senza sospettare di nulla, avevamo vissuto a fianco di un abominio.
Perché i mostri, quelli veri, non hanno zanne o artigli. Non urlano. Nascosti dietro volti comuni possono abitare accanto a noi.
Ed è proprio questo che li rende più pericolosi.
E con la menzogna si infilano silenziosi nelle nostre abitudini. Nella nostra quotidianità. E lacerano le nostre vite.
Non lo dico per giustificare la mia azione, né per vantarmene. Dico soltanto che ho imparato a guardare oltre le apparenze, a non dare per scontata la banalità del male.
Perché, se persino in una piccola strada, di un piccolo paesino, dove tutti sanno tutto degli altri, basta un segreto, uno solo, per stravolgere per sempre le nostre esistenze, pensare alla grande città, dove lo sconosciuto è di casa, mi fa venire i brividi.
E allora mi chiedo: quanti mostri si mimetizzano tra la folla senza lasciare traccia? Quanti, ogni giorno, ci camminano accanto senza che ce ne accorgiamo?
E la risposta, Dio mio… Non mi piace per niente.