Psychedelic Pointer 5

Pubblicità

SPONSORIZZA QUI LA TUA ATTIVITA'

EA School

Calabria Mia

Dr. X -M.G.O.-

PRIMORDIA ONLINE STORE

Mandateci i vostri articoli, li pubblicheremo sul nostro sito.
E-mail: xman777@dallasmail.com

Search This Blog

Tuesday, November 2, 2021

IL DECLINO DELLA CHIESA CATTOLICA

 Articolo tratto da LA VERITA' DELL'11 OTTOBRE 2021

 Emorragia di preti: in Italia sono meno di 40.000 e sempre più
anziani. Calo drastico anche delle donazioni, sotto i 10 milioni

di ANTONIO GRIZZUTI


Non sembra avere freni l’emorragia di vocazioni in Italia. Cifre alla mano, sono sempre meno numerosi i sacerdoti nel nostro Paese. E come se non bastasse, la crisi economica e la disaffezione verso la Chiesa alimentata anche dai recenti scandali ha inferto un duro colpo alle offerte per il clero. Orientarsi nella selva di dati non risulta sempre cosa facile, e a volte i conti tornano a causa dell’incongruenza dei numeri riportati dalle fonti ufficiali, ma una cosa è certa:
il numero di preti nel tempo appare in costante diminuzione.

Secondo i dati presenti sul sito della Conferenza episcopale italiana, nel 2019 la comunità dei presbiteri in Italia è scesa sotto quota 40.000 membri (per la precisione 39.804 unità). Solo dieci anni fa erano quasi 10.000 in più. Dal 1990 a oggi, il numero totale dei sacerdoti è calato di circa 15.000 unità, subendo una contrazione del 27%. Colpito sia il clero cosiddetto «secolare», composto da coloro che non sono vincolati a un particolare ordine, che quello «regolare», composto dai religiosi tenuti all’obbedienza di una regola. Crollo verticale  delle nuove ordinazioni dei preti secolari, diminuite di un terzo nel primo quindicennio del nuovo millennio. Stesso trend anche per i seminaristi (maggiori e minori), diminuiti del 31%, i religiosi non sacerdoti (-21%) e le religiose di sesso femminile (-29%).

ETÀ MEDIA PIÙ ALTA

Decisamente impietosi i dati forniti dall’Istituto cen-trale per il sostentamento del clero, che si occupa di erogare le risorse necessarie a integrare il reddito dei presbiteri nei limiti stabiliti dalla Cei.
Nel 2018 i preti diocesani totali erano 33.941, ma solo 30.985 dichiarati abili a prestare servizio a tempo pieno in favore delle diocesi. Gli altri, malati o troppo anziani per servire le comunità. Quindici anni fa se ne contavano ben 5.200 in  più. Una contrazione pari al
14,5% nel giro di appena tre lustri. Unica nota positiva, la crescita del diaconato con ben 4.700 diaconi, dei quali quasi nove su dieci risultano sposati . Secondo il professor Franco Garelli, il vuoto vocazionale fa ancora più paura se si considera l’invechiamento del clero italiano. «I preti con oltre 80 anni erano il 4,3% nel 1990, mentre sono il 16,5% nel 2019», ha affermato in un recente articolo il docente di Sociologia dei processi culturali  all’ Università di Torino, «i preti con meno di 40 anni era- no 14% del clero nel 1990, mentre rappresentano non più del 10% nel 2019». Per contro, rileva G a rel l i , l’età media dei preti diocesani è passata dai 57 anni del 1990, ai quasi 60 anni nel 2010 e ha superato i 61 anni nel 2019. Un processo di invecchiamento verificatosi «a seguito della diminuzione dei nuovi ingressi o dal calo delle vocazioni», avvenuto «in modo un po’ beffardo» a margine del Concilio Vaticano II quando il trend delle vocazioni era ancora in crescita e svariate diocesi italiane pianificavano la creazione di nuovi seminari o l’ampliamento di quelli già esistenti.
Sul piano territoriale, le cifre riportare dal professor Garelli evidenziano una redistribuzione dei prelati dalle Regioni settentrionali in favore di quelle meridionali. Fatta eccezione per il Lazio (+11%), nel trentennio 1990-2019 a nord di Roma si assiste a un vero e proprio profondo rosso: -35% in Piemonte, -32% in Liguria, -29% in Emilia Romagna e a seguire Triveneto (-28%), Marche (-27%) e Toscana (-24%). Tendenza opposta per il Mezzogiorno, con una crescita addirittura in doppia cifra per la Calabria (+12%) e incrementi significativi in Campania, Puglia e Basilicata (+7%). E laddove cresce numericamente, il clero presenta un’ età media più bassa: un de cennio separa i preti «giovani» della Basilicata (55,9 anni) da quelli decisamente più anziani del Triveneto (65,4 anni).

EROGAZIONI LIBERALI

Pessime notizie anche sul versante delle offerte ai sacerdoti. L’ aggiornamento annuale pubblicato dall’Isti  tuto centrale per il sostentamento del clero parla chiaro: nel giro di poco più di un quindicennio le erogazioni liberali da parte dei fedeli sono passate dai 19,2 milioni di euro del 2002 ai 9,6 milioni di euro del 2018, in leggera ripresa rispetto al punto più basso (9,4 milioni di euro) toccato nel 2017. Nello stesso periodo, a fronte di un aumento di 209 unità per quanto riguarda i sacerdoti che hanno percepito l’ intera retribuzione (circa 22.400 euro per i sacerdoti abili a prestare servizio a tem- po pieno), i preti che hanno ricevuto un’ integrazione sono diminuiti di ben 7.000 unità.

 

 

********* 

Sacerdoti «globetrotter» tra le parrocchie

Tonache costrette a girare in più paesi. Il caso limite di don Renzo Casarotti a Malè, parroco di 17 campanili


 

SOLI - In italia ci sono 25.589 parrocchie

e 31.000 preti diocesani (Ansa).

Troppe chiese per pochi preti. Complice il calo delle vocazioni, sta diventando sempre più difficile per i pre- sbiteri italiani riuscire a «coprire» il territorio, con ricadute a volte drammatiche per le comunità che sono chiamati a guidare. Basti pensare che attualmente in Italia esistono 25.589 parrocchie e circa 31.000 preti diocesani. Considerando anche i 12.400 sacerdoti regolari, in media fa un sacerdote e mezzo a parrocchia. Tre regioni ecclesiastiche (su 17 totali) hanno un rapporto sacerdoti per parrocchia inferiore a uno. Si tratta dell’ E m i l i a- Romagna, della Liguria e della Toscana. Solo due territori, Puglia e Lazio, superano il rapporto di due preti per parrocchia. Numeri che non tengono conto delle numerose chiese «sparse» (non parrocchie) e che necessiterebbero comunque della presenza di un religioso. Rispetto al rapporto preti per abitanti, le tre realtà territoriali che se la vedono peggio sono, nell’ ordine, la Campania (un sacerdote ogni 1.973 abitanti), la Sicilia (1/1.860) e l’Emilia-Romagna (1/1.808). Risultato? Tonache «globetrotter» costrette a fare i salti mortali per garantire l ’assistenza spirituale ai propri fedeli. Quella di don Renzo Casarotti, prete della diocesi di Trento e titolare, come risulta dal sito della diocesi, di ben sette differenti è una storia simbolica. «Un parroco per 17 campanili», raccontava a dicembre del 2019 la Tg r di Trento, chiamato a continui avanti e indietro per celebrare la messa nelle chiese del circondario. «Mai avrei sognato che ci sa-remmo trovati in questa situazione», ammette don Renzo, «ma vedo che noi preti riusciamo ancora a starci dietro». Quella che prima era l ’eccezione sta diventando la regola, specie nelle zone più impervie e difficili da rag giungere. Così, nel 2019, l’ar civescovo di Trento Lauro Tisi si è trovato a fare un’ i nfornata di «super parrocci», cia- scuno alla guida di due o più comunità. E così le giornate passano in macchina, tra un battesimo, un funerale, i corsi di preparazione al matrimonio, e le innumerevoli incombenze burocratiche. Se non si sdoppiano i preti, d ’altronde, l’alternativa è una sola: accorpare le chiese.

Nel 2019, in occasione della 69esima Settimana nazionale di aggiornamento pastorale, la Cei ha avviato una riflessone sull’argomento delle parrocchie senza preti. Secondo monsignor D o m e n ic o S i ga l i n i , vescovo emerito di Palestrina, la fusione delle parrocchie va visto «come una decisione missionaria». Un supporto fondamentale, fortunatamente, arriva dai laici. Poche settimane fa il vescovo di Rimini Fra n c e s c o L a m bi a s i ha nominato Davide e Cinzia, una coppia di coniugi, in qualità di referenti parrocchiali di Misano a Monte. Stesso discorso per la parrocchia di San Paolo Apostolo, nella frazione montana di Isnello in provincia di Palermo, dove il vescovo monsignor Giuseppe Marciante ha affidato la gestione parrocchiale a un gruppo di famiglie. I laici? «Non finti preti», spiega don Armando Sa n n i n o, docente alla Ponti- ficia università lateranense, ma «motore di un nuovo dinamismo pastorale». Forse è proprio questo il futuro che attende la Chiesa.
A. Gri.




********
 
 

L ’INTERVISTA ROBERTO CIPRIANI


«Quanti seminari vuoti costretti a chiudere»

Il sociologo: «La diminuzione delle vocazioni è in atto ormai da tempo, in Italia resistono soltanto alcune regioni del Sud

Gli oltre 4.000 diaconi sono diventati fondamentali e sopperiscono a questa mancanza, ma non possono essere sostitutivi».


PROF. Roberto Cipriani, professore

emerito all’università Roma Tre

Sociologo e professore emerito all’università Roma Tre, Roberto Cipriani rappresenta un’ autorità nel campo delle tematiche religiose. È autore di oltre 90 volumi e 1.100 pubblicazioni con traduzioni in inglese,francese, russo e molte altre lingue. Gli abbiamo chiesto di fare il punto sulla crisi delle vocazioni in Italia.

Professore, quanto è grave realmente il fenomeno?

«Molti anni fa, monsignor Luigi Morstabilini (vescovo di Brescia dal 1964 al 1983) inaugurò il nuovo seminario diocesano, che poteva accogliere circa duecento giovani aspiranti al sacerdozio. Allora il sociologo don Silvano Burgalassi dell’Università di Pisa fece una facile previsione: quella struttura non si sarebbe mai riempita. E così fu. Il 12 giugno di quest’ anno a Brescia sono stati ordinati quattro sacerdoti. La stessa sorte è toccata ad altri seminari italiani, diversi dei quali hanno dovuto chiudere i battenti. Dunque la tendenza al calo delle vocazioni è in atto da molto tempo, ma non è drastica. Gli andamenti più recenti mostrano un certo rallentamento della tendenza al ribasso». Quanto pesa l’i nvecchiamento del clero? E in che direzione si stanno muovendo gli ingressi in seminario?

«Indubbiamente l’età media dei preti italiani sta crescendo. Però questo è anche un fenomeno che riguarda l’intera popolazione del nostro Paese. Nel 2017 l ’indice di vecchiaia (cioè il rapporto fra il numero degli ultrasessantacinquenni e quello dei soggetti da 0 a 14 anni) era di 165,3 mentre oggi è salito a 179,3. I preti ultrasettantenni rappresentavano il 22,1% nel 1990 e il 36% nel 2019. Inoltre i giovani preti, non ancora quarantenni, erano il 14% nel 1990 ed il 10% nel 2019, anno in cui gli ultraottantenni erano il 16,3%. Ovviamente anche i mancati ingressi in seminario incidono sull’invecchiamento del clero» .

Ci sono preti di montagna costretti a gestire cinque o sei parrocchie allavolta con notevoli disagi per i fedeli. Problematiche legate alla conformazione del territorio a parte, ci troviamo di fronte a un declino omogeneo oppure esistono differenze geografiche?

«Le differenze territoria-li sono sempre e comunque importanti, tanto più in un Paese come il nostro che è contraddistinto dal fatto che circa la metà della popolazione vive in centri fino a 30.000 abitanti. Il che probabilmente favorisce ancora una propensione al sacerdozio, notoriamente più problematica nei grandi centri urbani, dove la vita comunitaria è quasi inesistente. Se si considera il periodo fra il 1990 ed il 2019 si nota che solo quattro regioni continuano a fornire aspiranti al sacerdozio in misura percentuale significativa, nell’ordine: Calabria pania e Basilicata, ma anche il Lazio, dove però Roma rappresenta un caso a sé, per la sua particolarità di centro universale del cattolicesimo » .Diaconi e laici stanno assumendo sempre più rilevanza e, specie in alcune diocesi, ci si sta focalizzando sulla formazione di queste figure con risultati notevoli in termini numerici. Ma queste figure possono, e se sì in quale misura, colmare il vuoto lasciato dalla mancanza di preti? «Il diacono non riesce mai a sostituire del tutto il sacerdote, per ovvie ragioni, ma costituisce un solido ed efficace supporto specialmente nelle zone carenti di preti. Pure laddove il clero è sufficientemente rappresentato il servizio diaconale alleggerisce di molto le incombenze di un parroco, per esempio. Del resto va tenuto presente che oltre 4.000 diaconi in Italia di fatto sopperiscono ai numeri mancanti fra le nuove vocazioni sacerdotali».

Leggendo i dati forniti dall’Istituto centrale per il sostentamento del clero, c ’è da registrare anche un deciso calo delle offerte da parte dei fedeli. Quali fattori possono avere influito?

«Lo stesso discorso può essere fatto per l’otto per mille, che ha un andamento altalenante nel corso degli anni. Incidono diversi fattori, a partire, com’ è fondato pensare, dalle risorse di- sponibili da parte dei con-tribuenti e dalle influenze ambientali locali, legate a figure particolari del mondo ecclesiastico, ad istituzioni benemerite, a tradizioni di tipo solidaristico. Ma soprattutto non è da trascurare il fattore pande mico che ha ridotto drasticamente le risorse».

Qual è il giudizio della Curia romana e della Conferenza episcopale italiana rispetto al problema del calo delle vocazioni, e quale approccio stanno adottan do i vertici ecclesiastici per tentare di risolverlo?

«Non va dimenticata la dimensione universale della Chiesa cattolica, che perde ma pure guadagna adesioni nei diversi contesti in cui opera. A livello di gerarchia prevale l’idea di un carattere plurimillenario dell’ opera evangelizzatrice, che può registrare alti e bassi ma non venire meno del tutto, confidando nel disegno divino per l’ umanità. L’ Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni della Conferenza episcopale italiana promuove varie iniziative, piuttosto innovative ed in linea con i tempi e con i giovani, offrendo sussidi ed iniziative, ivi compreso un corso di alta formazione in Pastorale vocazionale con relativo diploma».

Quali sono a suo avviso i passi che la Chiesa, intesa non solo come struttura organizzativa e gerarchica, ma anche come comunità, deve compiere per invertire la tendenza di questi ultimi tempi?

«Non spetta al sociologo stabilire quale debba essere l’azione pastorale della Chiesa cattolica. Nondimeno un’ osservazione di merito è possibile e riguarda il processo formativo che prepara al sacerdozio, in larghissima parte svolto in un ambito che non sarà quello effettivo della vita di un prete: immerso in una comunità più ampia di quella ristretta della sua compagine parrocchiale o di altro tipo ecclesiale. Insomma l’ attuale esperienza seminariale non corrispon- de al quadro reale in cui il sacerdote andrà ad operare. In tal modo si corre il rischio, più volte ribadito da papa Francesco, di un clericalismo accentuato, che mina l’efficacia stessa dell’azione pastorale, per il tipo di mentalità che diffonde ed a cui ci si abitua».

A. Gri.

https://clipground.com/images/i-like-clipart-8.png







 




Sunday, October 31, 2021

La concezione di Dio nella Via iniziatica


Di Hermeticus





Se è vero, come afferma la Bibbia, che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, è altrettanto vero che l’uomo gli ha reso il favore creando Dio a sua propria immagine.
Michel Jarrige

Tutte le concezioni di Dio sono comprensibili e accettabili, perché corrispondono all’idea di Dio e dell’universo che ogni popolo e ogni singolo essere umano si fa in rapporto alla propria evoluzione.

Per questo la Via iniziatica non impone nessuna concezione religiosa e le accetta tutte, incluse l’agnosticismo e l’ateismo.
Le credenze e le opinioni profane, incluse quelle sui massimi sistemi, sono ininfluenti per intraprendere una Via operativa. Ciò che conta non è la speculazione filosofica o teologica, bensì la sperimentazione.
Semmai, alcuni paradigmi iniziatici – da non confondere con i dogmi – sono più utili di altri e sono presentati agli adepti come ipotesi di lavoro: ad esempio, il paradigma del Grande Architetto dell’Universo, in cuiciascuno può vedere la propria concezione della divinità.

Ancor più importante è il paradigma della Tavola smaragdina:

ciò che è in alto è come ciò che è in basso
 
cioè la connessione tra il Microcosmo e il Macrocosmo.

Le leggi che governano l’universo sono le stesse che agiscono in ogni cosa esistente, inclusi gli esseri umani.

Dunque:
conosci te stesso e conoscerai il mondo e gli dei.

Illuminanti in proposito appaiono le parole apparse su ‘L’esprit des choses’, la rivista diretta da Rémi Boyer, in un passaggio dedicato all’iniziazione massonica:

Noi non vi imporreremo alcuna credenza. Ma, in contropartita di questa libertà, avete un dovere: lasciate scricchiolare le vostre concezioni, aprite le chiuse che inaridiscono il vostro universo. La vostra iniziazione di oggi vi aiuterà. Per effetto della sorpresa, essa suscita un intervallo tra i vostri pensieri, una piccola fessura nella diga. Quest’apertura è una possibilità unica. Se voi colmate immediatamente la breccia, tutto sarà perduto. Se tra dieci anni attraverserete di nuovo un rito d’iniziazione, la vostra mente avrebbe eretto una diga ancora più robusta che, stavolta, non s’incrinerebbe. La vostra mente avrebbe smorzato l’efficacia di una tale ripetizione. Che Dio o non-Dio si rivelerà quando lascerete scorrere la sorgente? Ne noi né voi lo sappiamo. La via iniziatica è così: essa apre la porta a un’iniziazione che è solo vostra.
‘Con o senza Dio? Discorso dell’Oratore per un’iniziazione’. Da ‘L’esprit des choses’ n. 2, 2007.

Una volta aperta la breccia, la meditazione e le altre pratiche operative proposte lungo il cammino iniziatico espanderanno la vostra consapevolezza oltre i condizionamenti, oltre le credenze, oltre i pregiudizi e anche oltre la vostra stessa ragione, lo strumento più formidabile posseduto dall’essere umano, ma non l’unico.

Non cercate più risposte fuori di voi, ma nel profondo di voi stessi.
E non cessate di scambiare le vostre esperienze con i vostri compagni di viaggio, quelli presenti e quelli passati, che hanno lasciato i frutti delle loro ricerche in ogni opera scritta da un essere umano: il vostro viaggio procederà più spedito e aiuterà gli altri a fare il proprio.

Questo affascinante, meraviglioso viaggio che è più prezioso della meta, e che forse coincide con la meta stessa.




EPIFISI

di Dorina Chiscop

 31 ottobre 2021


Rappresentazione della Ghiandola Pineale
Raffigurazione della Ghiandola Pineale

 La ghiandola pineale è uno dei più grandi segreti che ci viene nascosto. 

Il segreto non è che la ghiandola esiste, il segreto è la sua funzione.
Agli studenti di medicina viene detto che è un organo scartato, ma non lo è.
La ghiandola pineale è il nostro terzo occhio, è l'organo attraverso il quale sogniamo e immaginiamo qualcosa, e quando è attivata, è anche l'organo che ci collega ad altre dimensioni della realtà, h.: ci permette di vedere esseri di altre dimensioni e oltre di andare in viaggio astrale (lasciando il nostro corpo fisico per viaggiare con il nostro corpo eterico), sviluppare abilità psichiche come la chiaroveggenza o la telepatia e anche la capacità di viaggiare nel tempo per viaggiare....
Il tempio per raggiungere la connessione divina è dentro ognuno di noi....
La ghiandola pineale (conosciuta anche come ananas) ha molti significati.
Per la religione cattolica è il potere di Dio.
In Massoneria è la visione del Ciclope.
Nella tradizione egizia è chiamato l'occhio di Horus, anche nella geometria sacra vediamo che l'occhio di Horus corrisponde esattamente a tutte le trame del cervello, e nel mondo asiatico come il terzo occhio o centro di chiaroveggenza e intuizione.
Nella terminologia dell'inaugurazione, è conosciuta come la ′′ porta del cielo ′′ e anche il filosofo francese Cartesio ha suggerito che la ghiandola pineale è ciò che collega o contiene il corpo all'anima.
L'ha definita come la ′′ sede dell'anima ′′ perché secondo lui la ghiandola pineale non è presente nel corpo da entrambi i lati.
Cartesio credeva (falsamente) che fosse riservato esclusivamente all'uomo.
L'ormone melatonina prodotto dalla ghiandola pineale, la cui carenza porta all'insonnia e alla depressione, è contenuto in alcuni alimenti come avena, mais, pomodori, patate, noci, riso e ciliegie.
Negli antichi templi dei Sumeri e dei Babilonesi c'era un culto della ghiandola pineale e anche in Vaticano si può vedere una statua a forma di ananas o ghiandola pineale, che viene portata anche dai papi, e ci sono geroglifici sulle pareti delle piramidi.
La ghiandola pineale separa una sostanza chiamata DMT (dimetiltriptamina), alias la molecola spirituale, che viene rilasciata durante la fase rapida del movimento degli occhi, quindi quando sogniamo è responsabile della visualizzazione delle immagini in un sogno.
Se non c'è luce, la ghiandola pineale produce melatonina dalla serotonina.
Questo è coinvolto nella regolazione dei cicli di veglia e sonno e serve a contrastare gli effetti della sindrome da fuso orario.
La DMT è così potente che può trasportare la coscienza umana attraverso viaggi nel tempo e tra le dimensioni.
Una grande quantità di DMT viene prodotta nell'immediato stato di pre-morte, per cui le viene attribuita la capacità di entrare in dimensioni superiori di coscienza.
Raggiunge condizioni mistiche o interdimensionali ed è il più forte composto allucinogeno o entheogenico trovato in natura. Tutte le piante e gli animali (in concentrazioni variabili) hanno un effetto profondo sulla coscienza).
 

Ringraziamenti per il post di Alessandro Antonelli






Thursday, October 7, 2021

MISTERI SVELATI: Lo sfogo del vescovo: L’Inferno non esiste è stato inventato dalla Chiesa per avere un controllo Social

Del Dr.X -M.G.O.-

Il vescovo John Shelby parla chiaro: L’Inferno non esiste è stato inventato dalla Chiesa per avere un controllo Sociale...

L’inferno non esiste, parola del vescovo episcopale John Shelby Spong che in una intervista rilasciata nel lontano 2006 con Keith Morrison di Dateline NBC ha ammesso: L’Inferno non esiste è stato inventato dalla Chiesa per avere un controllo Sociale.

L’inferno non esiste ed è stato inventato per mantenere un controllo globale, spesso mi capita di credere nella vita dopo la morte, ma non credo tutto questo abbia a che fare con premi e punizioni divine. La religione è sempre stata un’ attività di controllo, e questo è qualcosa che la gente non capisce. E’ un business che produce controllo con il senso di colpa.

L'inferno non esiste
L’inferno non esiste

E avrete il Cielo come luogo dove si sarà ricompensati per il bene fatto, e l’inferno come posto dove si sarà puniti per il male, e in questo modo si ha il controllo della popolazione. E così creare questo luogo di fuoco che ha letteralmente spaventato a morte un sacco di gente, nel corso della storia cristiana, è in parte una tattica di controllo sociale.

L’intervista al Vescovo John Shelby Spong dove sostiene che L’Inferno non esiste

L’Inferno non esiste è stato inventato dalla Chiesa per avere un controllo Sociale
L’Inferno non esiste è stato inventato dalla Chiesa per avere un controllo Sociale

 

 

Morrison: Ma aspetti un minuto. Sta dicendo che l’inferno, l’idea di un luogo sotto terra o da qualche parte dove si verrà tormentati per l’eternità – in realtà è un’invenzione della Chiesa?

Spong: Penso che la chiesa abbia acceso i suoi forni caldi (inferno) più di chiunque altro. Ma penso che ci sia un senso da dare alle persone nella loro vita religiosa fatta di premi e punizioni di qualche forma, perchè alla Chiesa non piacciono le persone adulte, perché non è possibile controllarle . Ecco perché si parla di rinascita.

Quando sei nato di nuovo, sei di nuovo un bambino. Le persone non hanno bisogno di nascere di nuovo. Hanno bisogno di crescere. Hanno bisogno di accettare la loro responsabilità per se stessi e il mondo. 

Morrison: Quello che fa la teologia, è dire che c’è un modo garantito per non andare all’inferno; e che è quello di accettare Gesù come tuo salvatore personale. 

Spong: Sì, sono cresciuto in quella tradizione. Ogni chiesa da affermazioni che ‘noi siamo la vera chiesa’ -. Che hanno un l’ autorità suprema,’ Abbiamo il Papa infallibile, ” Abbiamo la Bibbia ‘… L’idea che la verità di Dio può essere legata a qualsiasi essere umano , qualsiasi credo , a qualsiasi libro , è quasi oltre ogni immaginazione per me. 

Voglio dire, Dio non è un cristiano. Dio non è un Ebreo o un musulmano o un hindi o buddista. Tutti questi sono sistemi umani, che gli esseri umani hanno creato per cercare di aiutarci a camminare nel mistero di Dio. Io onoro la mia tradizione.

Io cammino attraverso la mia tradizione. Ma non credo che la mia tradizione definisca Dio. Mi indica solo Dio.L’inferno Non esiste Davvero? Allora perchè questa credenza? 

Queste affermazioni possono risultare banali o frutto di una mistificazione di un semplice arcivescovo in pensione, ma si sa che le religioni nascono per avere un controllo sociale, e nascono in periodi in cui la cultura era solo per i pochi , dove la maggioranza delle persone era analfabeta e credeva ancora alle stregonerie , non sapendo spiegare molti fenomeni, quindi che l’inferno non esiste e sia stato inventato da una Chiesa che ha voluto fare profitti per secoli a noi non sembra una cosa strana o assurda. 

Pensaci bene , si è ucciso facilmente in Nome di un DIO per secoli o addirittura millenni (santa inquisizione), si è condannati intere comunità in nome di Un DIO , si sono accettate guerre sante in nome di un DIO, ma soprattutto per secoli si ha avuto il controllo sull’intera umanità religiosa, che ha sempre accettato anche le guerre e le torture per un DIO.Ad esempio, l’ISIS, nasce come un gruppo terroristico che vuole fare una guerra santa, quindi una guerra viene giustificata di più dalle persone , che non hanno nessun senso di colpa a vedere anche bambini massacrati. 

Probabilmente ora la percentuale degli Agnostici sta crescendo sempre di più , la gente inizia a svegliarsi e a vedere la religione per quello che è: Un business profittevole.E se l’inferno è stato inventato, quante altre cose sono state falsificate o inventate a regola d’arte per controllare l’essere umano, che nasce come creatura libera?

Il video dell’ Intervista