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Friday, June 2, 2023

LITANIE PER UN’AMANTE FUNEBRE

Gabrielle Wittkop




« Comme ma soeur la nuit…»;
« Le morte di Mitilene / Rigettano terra dal cuore, / Le morte di Mitilene rigettano sangue dal ventre, / Le vulve sono sbocciate, / Rose nel cimitero di Mitilene, / Le morte s’avvinghiano, fremendo, / Alle rotonde interiora delle radici, / Sotto il buio d’argento, / Di lune rovesciate nelle pozze dell’edera, / Vergini marce di Mitilene. / Discepole stracciate, com’era bianco il vostro occhio, / Calce di carta, unghie, fossili, corni, / Ritornate, ritornate alle cloache marine. / All’anima del nostro eterno, / Alle piogge, ancora alle piogge, saliva della primavera, / Rifiorite, morte di Mitilene, / con i notturni calici delle regine di Lesbo » (estratto da G. WITTKOP, “Mitilene”).
« È la mosca che, impegnata a devastare l'interno dei teschi, produce “la poltiglia di bronzo che ronza”. Le litanie, canti sublimi di amore disperato e incredibili esercizi di magistrale autoerotismo, devono molto a questo animale. Non offendiamoci, un giorno questo tipo di incontri ci sarà familiare » (E. DUSSERT, “Prefazione” a: G. WITTKOP - selezione “collages” illustrativi a cura di Nikola Delescluse, “Litanie pour une amante funèbre”, Les Editions du Vampire Actif, 2017).
L’immagine che presenta questo articolo è una fotografia [censurata in modo volutamente grezzo per poterla condividere] della potente e controversa Irina Ionescu (di cui parleremo in uno dei nostri prossimi appuntamenti), che campeggia sulla copertina dell’edizione italiana della raccolta di poesie dalle sonorità rimbombanti e infere, di cui stiamo per trattare: un esempio straordinario in cui testo ed edizione costituiscono la preziosità unica di un’Opera.
Il libro d’arte che sottoponiamo alla vostra attenzione e con il quale faremo un viaggio di suggestioni è raro, delicato ed oramai introvabile: l’edizione di Cegna Editori, un fiore fragile che si sgualcisce al solo sguardo; lasciamo a voi l’onere del mero approfondimento delle tematiche accostate (il tema della Fanciulla e della Morte, delle Vanitas, di Eros e Thanatos, fino a sfiorare la necrofilia), preferendo accompagnarvi nella poesia che contiene, come se avessimo dissepolto insieme uno scrigno dagli intestini della fertile terra e, dopo averlo ripulito dalle grasse zolle, con le mani tremanti lo aprissimo.
Prepariamoci ad allungare il collo per accogliere il “benefico morso” wittkopiano: « Il dente prepara il sangue che passerà nell'altro sangue, è il grande mago, iniziatore delle supreme metamorfosi ».
Gabrielle Wittkop è una scrittrice-poetessa, al secolo Gabrielle Ménardeau, nata a Nantes (Francia) il 27 Maggio 1920: dopo aver trascorso la sua giovinezza a Parigi, si sposa col disertore tedesco Justus Franz Wittkop e si trasferisce in Germania. Autrice -tra le tante cose- dello scandaloso romanzo “Le Nécrophile”; traduttrice per Gallimard e collaboratrice del “Frankfurter Allgemeine Zeitung”; studiosa di zoologia ed anche illustratrice, Gabrielle diviene nota per i suoi “collages” di soggetto macabro e sadico, ispirati all’espressione grafica giapponese: muore a Francoforte sul Meno il 22 dicembre 2002.
« “Litanie Per un Amante Funebre” è un suo romanzo necrofilo, pubblicato per la prima volta nel 1977, che contiene 31 poesie accompagnate da 33 fotografie, sullo stesso argomento, di Irina Ionesco. Si tratta di un libro con un design molto particolare e lo si può definire un libro incantato, completamente magico sia per l’argomento che per le fotografie, così misteriose, che per i disegni che incorniciano o gli uni o le altre » (descrizione dalla casa di vendita di testi pregiati “Micamera”, https://www.micamera.com/.../litanie-per-un-amante.../ ).
Gabrielle, mago della parola, divoratrice del sacro, beffa funebre, evocativa dell'assoluto: chiediamoci di quali orpelli di moralità dobbiamo sbarazzarci per leggere questa scrittrice della completezza con voluttuoso radicalismo. “In un lampo di magnesio” ricordiamoci che « la contraddizione tra la modestia del segreto, l'altezza, la distanza e, d'altra parte, la furia di spiegare, lacera l'uomo creativo. Rifiutando di essere capito, crea tuttavia in modo che alcuni capiscano. Si arrende in sua difesa. Vuole e non vuole. Incapace di impedire a se stesso di creare - perché non è onnipotente - cede alla sua inclinazione lamentando la perdita del mistero. […] Traccia dei segni e vorrebbe che fosse sulle finestre fumanti. […] E soprattutto, soprattutto, ferisce la lode, uno scorpione che viene dal basso ».
 
La preziosità del vocabolario delle “Litanie di un’amante funebre” è pari solo al potere delle visioni: « Fallo gigante nel pube dell'amante, / Il giglio balza verso il seno dell'amante, / Splendido e duro di ossa miste, / Il giglio sgorga dalla tomba degli amanti ». Erodiade, « il tuo vello grida e puzza sulle ciglia della terra desolata »; l'ispirazione è mitologica, cristiana, (Maria Maddalena), “artaudiana”.
« Mi hai dato la bambola / per metterci degli spilli, / per piantarci dei cristalli / e per imprimerla con un ferro da stiro ». Ecate è in calore e la badessa è una “sputatrice di ostie”, una “leccatrice di urina”, una “cagna indegna”; si tratta di un lungo stupro perpetrato in una cappella infuocata una notte d'Agosto quando “fermenta la peste”: è la resurrezione dei morti, “sangue coagulato”, “occhi cavati”, labbra cadute. Serpenti e arcangeli si avvolgono intorno alla kore, “strofinata con mandragora”. Occhio trafitto, seno gonfio di latte vergine, Gabrielle Wittkop apre il suo calice con i lati dei coltelli.
In una lettera datata 23 e 24 novembre 1783, Donatien de Sade scrisse a Madame de Sade che chiamava affettuosamente “maiale fresco dei miei pensieri” questo: « per quanto barocche possano essere [le fantasie], li trovo tutti rispettabili, e perché non sono il padrone, e perché il più singolare e il più bizzarro di tutti, ben analizzato, si rifà sempre a un principio di delicatezza ».
Le opere letterarie di Gabrielle Wittkop sono tutte fantasie funebri e delicate stampe: la sua “voce prodigiosa” fuori dall'oscurità ci ricorda cosa significhi essere umani e ci mostra esattamente quali siano le condizioni dell’esistere, non sempre molto “chic”.
Gabrielle è viva e lo afferma, è in comunicazione permanente con gli elementi della vita e quindi quelli della morte; non è mai in separazione, è in accettazione: « Cosa c'è da decifrare? Poiché la verità è la parte del discorso che viene ignorata. Senza contare che ci sono varie verità in quanto vi sono varie forme di silenzio ».
Gabrielle insegna l'anormalità della vita senza morte; è un incisore “a mezzatinta”: « questi strumenti che schiacciano o asportano materiale, e quindi spessore nella rete di punti precedentemente ottenuta, rivelano gradualmente la luce nell'immagine »; « Partiamo qui dal nero più denso per arrivare al bianco puro in fasi successive ».
Ecco Gabrielle, le scene del cui meraviglioso teatro interiore riempiono il nostro “schermo intimo” costringendoci a pensare, ogni volta che chiudiamo uno dei suoi libri: “è stato terribile, ma le meraviglie lo sono di più »; ci fa sapere che « una delle sfide essenziali della sua scrittura è sempre stata quella di essere all'altezza di questa luce nera emanata dal marchese de Sade ».
Seguiamo il corso del pensiero wittkopiano: « E se il mio fuoco non può essere calore, lascia che emetta chiarezza, lascia che sia luce incandescente, luce, infine luce, lascia che sia luce prima di morire »; andiamo alla deriva con lei: « Scivola nella grande deriva, scivola gradualmente nel nero o nel bianco, nessuno conosce il colore dell'annientamento » (se non, forse, lei soltanto).
Cambieremo il nostro vocabolario, mentre leggiamo Gabrielle; prenderemo confidenza con il linguaggio usato per nominare il mondo che ancora non abitiamo, ma che abiteremo prima o poi. Gabrielle esorta i lettori vivi ad alzarsi, ma permette ai morti di conoscere la loro ultima avventura senza ribellarsi: « diceva cose oscure, frasi abbaglianti, parole che affondavano come pietre gettate nelle acque della memoria »; obbliga i suoi lettori a ricordare l’ “alchimia cosmica” da cui provengono e alla quale si riuniranno, abbandonandosi all'operazione delle “forze naturali”, delle “forze cosmiche”, « quelle della materia e quelle della nostra anima oscura e deperibile ».
Eccole dunque, le forze che innescano un’ “erezione floreale” nel suolo dei morti e che generano la sorprendente bellezza: « Il giglio / sgorga / dalla tomba letto / degli innamorati »; Gabrielle invita i suoi lettori a immaginare « l'impossibilità […] di una nozione definitiva della morte come fenomeno assoluto ».
Una nuova libertà è offerta a chi legge colei che « odia tutto ciò che aliena l'indipendenza »; « Penso che ciò che la preoccupava fosse il suo lavoro e la sua dignità di essere umano. Penso che fosse una persona molto speciale oggi ma allo stesso tempo molto necessaria. E spero che le persone che la leggono possano attingere a questi elementi, a queste nozioni per arricchirsi e anche per riprendersi quando serve » (Eric Dussert, cit.).
« Quando diventerò una lunga crisalide
Giacente nei sotterranei d’un ospedale,
Quando la mia fronte diventerà d’opale,
La mia chioma secca e fluente,
Il mio corpo un corno scavato,
Nel quale muggiranno i tritoni della morte,
Le mie dita d’osso guantate di cuoio floscio,
I miei occhi di calce, asterie torturate,
Quando la mia gola diventerà gonfia di alghe di pelle,
E il mio cervello un’ostrica corrotta,
Dove custodirò l’oro e l’incenso dei tuoi seni?,
Dove, l’ultima eco del tuo nome? »
(da: “Quando diventerò”, in “Litanie di un’amante funebre”).
Colonna sonora consigliata: JIMMY CROSS, “I want my baby back”, 1965, https://youtu.be/h0x8S1U7O3w
Link alla rubrica ARTE & IMMAGINALE:
https://www.facebook.com/pg/sorellanzastregona/photos/...
#SSarteeimmaginale

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