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Friday, December 31, 2021

Nella storia la libertà è stata uccisa a colpi di divieti spacciati per normali

Articolo tratto da LA VERITA' del 31 DICEMBRE 2021

 di ERMANNO BENCIVENGA

 

Una moltitudine di precedenti ci racconta che le angherie maturano tramite restrizioni crescenti dei diritti. Puntando sull’abitudine che fa sembrare logico ciò che non lo è. Chi oggi si distrae, corre lo stesso pericolo.
  

Sabato 20 giugno 1942 Anna Frank scrive sul suo diario: «I bei tempi finirono nel maggio 1940; prima la guerra, la capitolazione, l’invasione tedesca, poi cominciarono le sventure per noi ebrei. Le leggi antisemitiche si susseguivano l’una all’altra. Gli ebrei debbono portare la stella giudaica. Gli ebrei debbono consegnare le biciclette. Gli ebrei non possono salire in tram, gli ebrei non possono più andare in auto. Gli ebrei non possono fare acquisti che fra le tre e le cinque, e soltanto dove sta scritto “bottega ebraica”. Gli ebrei dopo le otto di sera non possono essere per strada, né trattenersi nel loro giardino o in quello di conoscenti. Gli ebrei non possono andare a teatro, al cinema o in altri luoghi di divertimento, gli ebrei non possono praticare sport all’aperto, ossia non possono frequentare piscine, campi di tennis o di hockey eccetera.
Gli ebrei non possono nemmeno andare a casa di cristiani. Gli ebrei debbono studiare soltanto nelle scuole ebraiche. E una quantità ancora di limitazioni del genere».
Ciò su cui vorrei riflettere oggi, insieme con voi, sono i tempi di questa tragedia. La famiglia Frank, che risiedeva originariamente a Francoforte, aveva perso la cittadinanza tedesca con l’avvento del nazismo e si era trasferita in Olanda, dove per qualche anno Anna condusse un’e sistenza abbastanza serena.
Come lei stessa dice, questo periodo terminò bruscamente con l’invasione tedesca del 1940; di lì a poco la Francia capitolò e l’intera Europa continentale, con l’eccezione dell’Unione sovietica, diventò un gigantesco impero nazista. I Frank però non entrarono in clandestinità, nel piccolo appartamento retrostante la ditta del padre, fino al 6 luglio 1942; l’annotazione da cui ho citato, una delle prime del diario, fu scritta negli ultimi giorni di una sofferta «libertà». Quindi, pur avendo a disposizione un potere assoluto ed essendo ferocemente determinati a risolvere una volta per tutte la «questione ebraica», gli sgherri hitleriani attesero oltre due anni prima di attuare misure così radicali da costringere i Frank a nascondersi per salvare (temporaneamente) la vita. 

Nel frattempo, si adottavano provvedimenti di crescente restrizione dei diritti più elementari e si praticavano vessazioni di crescente intensità e irragionevolezza. La retorica demenziale del regime li giustificava attribuendo agli ebrei colpe tanto estreme quanto fantasiose; ma il loro scopo reale era creare sempre più difficoltà a questa minoranza invisa e calunniata. A ogni tappa del calvario, la comunità, ebraica e non, si assestava su un nuovo livello di «normalità», allontanandosi gradualmente dai parametri di un’esistenza civile; quando ci si fosse abituati al fatto che un consistente gruppo di cittadini, per motivi speciosi, non poteva circolare né in automobile, né in tram, né in bicicletta, e non poteva attardarsi nemmeno nel giardino di casa propria, i vicini non si sarebbero stupiti troppo quando un giorno le SS si fossero presentate per rastrellarli e trasferirli a destinazione ignota. 

Si sono dette molte stupidaggini sul (presunto) fatto che la nostra situazione attuale, in Italia e altrove, non può essere paragonata alle sanguinarie dittature del secolo ventesimo, anche da parte di chi avrebbe dovuto imparare questa triste lezione sulla sua pelle. In qualità di persona che ha cominciato a protestare contro le insensate violazioni dei nostri diritti fin dall’inizio, cioè dal febbraio 2020, invito tutti a un semplice esperimento mentale. Che cosa avreste detto allora, quando il governo parlava di poche settimane di sacrifici, se aveste saputo che, nel giro di due anni, milioni di italiani non avrebbero più potuto frequentare locali di ristorazione e intrattenimento, usare i trasporti pubblici, praticare sport, andare all’università o in una biblioteca, in molti casi perfino lavorare? Che cosa avreste detto di un governo che condanna alla fame chi non si sottopone «volontariamente» e assumendosi ogni responsabilità a un trattamento sanitario sperimentale che ha dimostrato di fare più danni di qualunque altro mai tentato in passato? 

Il 4 agosto 1944 la Gestapo fece irruzione nell’alloggio segreto dei Frank. Anna morì a Bergen Belsen nel febbraio 1945; l’unico della famiglia a salvarsi fu il padre Otto, liberato ad Auschwitz dall’Armata rossa. Hitler, infatti, il 22 giugno 1941 aveva lanciato l’Operazione Barbarossa, nella quale il suo esercito, come quello di Napoleone, avrebbe trovato il giusto castigo. E l’Europa, a fatica, sarebbe risorta dalle macerie verso una nuova normalità fatta, per un po’, di democrazia e libertà. 

Forse non ci sarà bisogno di una simile distruzione per uscire dalla trappola in cui siamo caduti oggi; ma, se così sarà, non accadrà per inerzia, o per un improvviso slancio di buona volontà da parte dei tiranni. Accadrà quando molti si renderanno conto delle sabbie mobili in cui siamo incastrati e faranno uno sforzo supremo per tirarcene fuori.

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